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Il Metraggio Cinematografico
(Per una Definizione di Cortometraggio)
a cura di Davide Tofani
Lunghezza del film, o di singole parti dello stesso,
espressa in metri. Per la pellicola professionale di 35 mm, alla velocità
di scorrimento di 24 fotogrammi al secondo, un minuto di proiezione
corrisponde a 27, 36 m, un'ora a 1641, 60 m. Su tale base i film vengono
divisi in lungometraggi (oltre i 70 minuti), mediometraggi (sino a 50-70
minuti) e cortometraggi (fino ai 15-20 minuti).
Il Cortometraggio
Secondo molti esperti conoscitori del fenomeno cinematografico
non ci sono differenze fondamentali tra il corto e il lungometraggio,
sia che si tratti di documentari sia di opere di finzione; ogni alternativa
di genere permette comunque una precisa scelta di stile. Lo dimostrano
gli stessi registi che passano dal corto al lungometraggio [e viceversa]
con disinvoltura e senza particolari cambiamenti stilistici, spesso
dimostrando meglio il loro talento proprio cimentandosi in opere brevi,
commissionate, o in totale libertà espressiva. L'importante è che essi
comunichino un temperamento, una visione del mondo, una stesura originale
e personale. Il cortometraggio non dev'essere un documento anonimo,
dunque, ma la sintesi di un processo intellettuale e tecnico in grado
di comunicare esaustivamente un messaggio. Henri Agel in diverse occasioni
si espresse in tal senso: "Senza dubbio l'artigiano che è un semplice
osservatore, e che è dotato di un capitale intellettuale e lirico modesto,
potrà realizzare dei documentari onesti. Ma i bei documentari li si
deve a ricercatori, polemisti, uomini di scienza, filosofi, poeti, che
alla loro investigazione hanno portato una ricchezza soggettiva che
non può non invadere lo schermo. Essi faranno allora del cortometraggio
un trattato, una satira, un'elegia, una meditazione grave e appassionata".
L'idea di partenza è che i registi, documentaristi o di finzione, siano
più esposti non per l'argomento trattato ma per il modo in cui si interpretano
la loro idea.
La distinzione tra lungometraggio e cortometraggio è dunque del tutto
arbitraria: nel 1940 in Francia con la "legge 26 ottobre"
si definiscono per la prima volta i tipi di programmazione possibili
nelle sale cinematografiche pubbliche. In seguito, nel 1964, sempre
ad opera dei legislatori francesi un decreto legislativo stabilirà che
un film è considerato di lungometraggio quando supera i sessanta minuti
di proiezione che tradotto in metraggio [in formato standard] significa
1600 metri di pellicola. Il limite è così rigido che critici e industria
devono creare un nuovo termine che qualifichi le opere di estensione
intermedia, ovvero tra quelle di durata di pochi minuti e i film che
superavano l'ora. Uno dei primi "mediometraggi" [così furono
etichettati] fu Il 6 giugno all'alba di Grémillon, un film successivamente
distribuito sia in versione lunga che corta. A conti fatti si potrebbe
ricondurre il dibattito sulla differenza tra corto e lungometraggio
a quello che esiste tra novella e romanzo.
Breve Storia
del Successo del Cortometraggio
È stata la
Francia a produrre un gran numero di cortometraggi di qualità: da Luis
Lumière ad Alain Resnais e Méliés attraverso Jean Vigo (A proposito
di Nizza), Jean Lods (La vita di un fiume), Charles Rouquier (Il bottaio,
Il carraio), Jean Epstain (La tempestosa), Jean Painlevé (che si cimentò
in moltissimi film a carattere scientifico), Jean Rouch (con film-studio
antropologico-etnografici), Paul Grimault (film d'animazione), il già
citato Jean Grémillon (con i documentari sull'arte) e molti altri. Non
si deve assolutamente dimenticare che il cortometraggio è stato, e forse
rimane ancor oggi, il formato più adeguato per le sperimentazioni stilistiche
e come sorta di "opera di presentazione" per moltissimi registi.
Negli Anni 50-60 furono i giovani della Nouvelle Vague a fare le loro
prime esperienze con il cortometraggio: François Truffaut (I ragazzacci),
Jacques Rivette (Il colpo del pastore), Jacques Rozier (Blue Jeans),
Jacques Demy (Lo zoccolaio della Valle della Loira) e naturalmente Agnès
Varda (Dalle parti della costa) e Chris Marker (Domenica a Pechino e
Lettera dalla Siberia).
Negli Anni Trenta si affermò in Inghilterra la scuola documentaria inglese
denominata G.P.O. sotto la guida e l'ispirazione di John Grierson e
di Alberto Cavalcanti. Loro scopo fu quello di unire lirismo e il senso
"dell'osservazione diretta" del fenomeno avvalendosi di temi
sociali scottanti e di lotta come la vita dei minatori o le corse notturne
dei treni postali. Il National Film Board canadese sarà in seguito un
degnissimo sostituito della tradizione documentaristica "corta"
della scuola inglese in progressivo declino ispirativo dopo gli Anni
Quaranta. Non dobbiamo assolutamente dimenticare i contributi dello
statunitense Orson Welles prima e del tedesco Wim Wenders dopo [attivo
in tal senso soprattutto negli Anni Ottanta].
In Italia ricordiamo Luciano Emmer, Antonioni negli Anni Cinquanta e
non molto più tardi Monicelli; per il Belgio Henri Storck e Paul Haesaerts;
per l'Olanda il militante Joris Ivens; per la Danimarca lo straordinario
contributo al corto di un maestro del cinema, Carl Theodor Dreyer con
il film Hanno perso il traghetto; per la Svezia Arne Sucksdorff con
i suoi brevi documentari sulle città; per l'Unione Sovietica i corti
di zoologia ed etologia e infine da menzionare sono gli Stati Uniti
con Scorsese e con il più grande documentarista di tutti i tempi: Robert
Flaherty.
A conclusione di questa breve rassegna storica sulla fortuna del cortometraggio
si dovrà senz'altro riconoscere come il formato "corto" non
abbia mai realmente interessato il grande pubblico né stimolato gli
esercenti e i distributori cinematografici ad investire i propri fondi
in progetti di breve durata. Gli Anni Settanta però hanno creato i presupposti
per la rinascita o forse la nascita vera e propria di una diffusione
di massa della "cultura del cortometraggio" grazie soprattutto
alla comparsa del video-clip musicale e degli spot pubblicitari sempre
più complessi e "filmici". È dunque una seconda giovinezza
del cortometraggio o parlando di video e spot trattiamo piuttosto di
generi paralleli al corto destinati a categorizzarsi? Il moltiplicarsi
di festival con premi a settore ma anche di scuole di regia specializzate
sembra corroborare la seconda ipotesi.
Il Cortometraggio Politico degli Anni Settanta e Ottanta
Caratteristica degli ultimi decenni è un approfondita
riflessione teorico-politica sul cinema politico e sull'uso politico
del cinema. Molti registi furono presenti in quegli anni con la loro
carica umanistica su tutti i fronti di lotta. Si diffuse un cinema "militante"
deciso a intervenire nel vivo della politica con intenti di controinformazione
e assumendo, in un certo senso, il ruolo di agit-prop. Il cortometraggio,
per questo scopo, assunse un ruolo fondamentale. Gli esempi più risolti
sono stati i film-documento sulle Pantere Nere e sulla contestazione
nelle università, sulla fine dei regimi comunisti e sulle guerre nei
Balcani (inizio Anni Novanta), opere che hanno assunto l'aspetto di
veri e propri reportages. Sono tutte lavori di carattere documentario
destinati ai "circuiti alternativi", distribuiti cioè in sedi
politiche, culturali (i cinema d'essai, ad esempio) e sindacali.
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